Le donne rappresentano ormai il 48% della professione forense – con punte del 51% in alcune realtà territoriali – ma le quote rosa pesano solo per un decimo nei posti di “potere” della categoria. Al VI congresso di aggiornamento professionale forense è l’ora della rivendicazione di un posto al sole, e in fretta, per l’altra metà delle toghe. I due seggi di rappresentanza ottenuti lo scorso anno nel Consiglio nazionale forense, in un consesso di 26, «non possono che essere il punto di partenza, avendo ben chiaro che entro 10 anni si dovrà pareggiare il gap attuale – dice la presidente della Commissione pari opportunità del Cnf, Susanna Pisano, alla platea di centinaia di colleghe in sala e collegate in teleconferenza –. Nel 2007 eravamo l’unico paese europeo senza rappresentanza forense femminile, oggi siamo terzultimi, ma accettando questa crescita lenta dovremmo aspettare altri 30 anni per la parità».
I dati parlano chiaro: al 31 dicembre scorso, dei 2.097 posti di consigliere nei 165 ordini territoriali solo 517 erano riservati alle donne, percentuale che si rarefà monitorando le posizioni di vertice, dai 14 presidenti “rosa” (8 per cento) ai 36 segretari fino ai 44 tesorieri («forse perché gli uomini riconoscono l’affidabilità delle donne nella gestione» argomenta Sabina Giunta, consigliera dell’Ordine di Enna, curatrice delle statistiche). La presenza delle avvocate negli organismi di categoria marca anche geograficamente le aree culturali del paese, segnando il massimo al nord (30% di consigliere) e il minimo al sud (18%), passando dal 27% del centro Italia al 19% nelle isole. Ancora più ampia la forbice nella fotografia delle posizioni apicali, che fa risaltare la concentrazione di oltre la metà delle avvocate “manager” al nord, e uno sparuto 8–14% (secondo i ruoli) nelle isole.
Da: Sole 24 ore

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